lunedì 28 gennaio 2013

IL TRATTO DEL CORPO




"Ciò che costituisce il peso, lo spessore, la carne di ogni colore,
 di ogni suono, di ogni testura tattile, del presente e del mondo,
 è il fatto che colui che li coglie si sente emergere da essi
 grazie a una specie di avvolgimento o di raddoppiamento,
 fondamentalmente omogeneo a essi,  
il fatto che egli è il sensibile stesso veniente a sè,
 e che reciprocamente, il sensibile è ai suoi occhi
 come il suo duplicato o un'estensione della sua carne."
                                                                                                 Merleau Ponty, Il visibile e l'invisibile


Mente/corpo. 
Pensiero/gesto. 
Idea/sensazione
 
Queste tre opposizioni semantiche costituiscono il filo rosso intorno a cui è cresciuta e si è costruita la trama del rapporto tra pensiero e corporeità nell'ambito della cultura occidentale, a partire dalla filosofia greca fino ai nostri giorni. Per comprendere la portata reale di questa apparentemente insanabile dicotomia, è sufficiente osservare attentamente il modo in cui usiamo i due verbi pensare e trattare riferendoci con l'uno alla mente e con l'altro al corpo. Quale verbo usiamo per riferirci al nostro corpo? Tratto il corpo, siamo soliti affermare. Proviamo a tradurre questa espressione. C'è un soggetto implicito, un Io pensante che agisce su un qualcosa di esterno, il corpo e lo tratta, lo modifica in base a un'idea ad esso estranea ma a tal punto predominante da diventare essa stessa causa della sua esistenza. Basta pensare alla celebre massima cartesiana cogito ergo sum: l'uomo esiste perchè pensa. Il corpo non esiste, in questa ottica. Il corpo subisce l'esistenza. Quanto sia radicato in noi questo modo di  concepire la nostra corporeità è evidente se si pensa alle tragiche conseguenze che un'immaginare patologico può avere sul corpo. Ma è veramente così? Davvero ognuno di noi è un pensiero in un corpo qualunque? Cosa ci rende davvero unici? Essere ciò che pensiamo? Modellare il nostro corpo in base al nostro immaginare? E se invece le  cose stessero diversamente? Se invece fosse il corpo la presenza essenziale. Se fosse la nostra sensorialità quel sentire necessario senza il quale nessun pensare sarebbe in realtà possibile? In effetti tra l'azione del pensare e quella del trattare il corpo esiste un salto logico, manca un tassello fondamentale: il sentire.
L'uomo è il sensibile stesso veniente a sè 
e il sensibile è ai suoi occhi come il suo duplicato
 o un'estensione della sua carne.
 
Non abbiamo un corpo. Siamo un corpo.
Per destino il nostro corpo.  
Un corpo che per natura sente e nel sentire pensa.





Nessun commento:

Posta un commento